Intervista con Heinz Frei
Foto: Daniel Streit
Dopo una disastrosa scivolata e caduta in un burrone, nel 1978 Heinz Frei divenne paraplegico. 43 anni dopo, con 15 medaglie d’oro alle Paralimpiadi, 14 titoli mondiali e 112 vittorie nella maratona, il campione di Soletta è senza dubbio uno degli atleti svizzeri di maggior successo di tutti i tempi. Quest’estate parteciperà alla sua decima e ultima Paralimpiade, ma senza terminare del tutto la carriera sportiva...
Mentre altri alla tua età pensano alla pensione, tu gareggi con i migliori del mondo alle Paralimpiadi. Qual è la tua ricetta per il successo?
Il piacere e la grande motivazione che provo a praticare sport e competere con altri atleti non hanno mai vacillato in tutti questi anni. Inoltre sono sempre stato in salute e pieno di voglia di fare, quindi non ho mai avuto difficoltà in tal senso! Posso ancora, ma non sono più obbligato a farlo: questa sensazione è sicuramente liberatoria e mi permette di approcciarmi con più serenità a questa sfida, che forse è la ricetta del successo per eccellenza!
Non ho mai avuto l’impressione di dover rinunciare a qualcos’altro a causa dell’intensità con cui praticavo sport. È senza dubbio un elemento che ha arricchito molto la mia vita fino ad oggi. Per non parlare della gioia di vivere e della qualità della vita che ne traggo, soprattutto essendo costretto in sedia a rotelle.
Avendo partecipato a manifestazioni sportive per disabili da quasi 40 anni, hai certo contribuito anche a plasmarle. Quali sono stati i maggiori sviluppi che hai osservato?
Io ho iniziato a usare la sedia a rotelle il 9 luglio 1978, quando lo sport in carrozzina era ancora poco conosciuto. Le prime attrezzature sportive ce le costruivamo e inventavamo da soli! Io ho costruito una prima sedia a rotelle da corsa con Peter Gilomen, un collega di Kriens, nel suo garage e poi anche una slitta da fondo. Erano attrezzature sportive autoprodotte, progettate da lui. Erano fatte di acciaio, avevano piccole ruote anteriori che a una certa velocità cominciavano a traballare ed erano molto pesanti. Però riuscivamo sicuramente ad andare più veloce che con le normali sedie a rotelle…!
Con il tempo, i materiali hanno ceduto il passo all’alluminio o addirittura al titanio e oggi è quasi un must utilizzare il carbonio. Le posizioni di seduta sono cambiate notevolmente e oggi il lavoro può essere svolto in modo molto più vigoroso ed ergonomico, con una sofisticata tecnologia per la spinta delle braccia e per la propulsione. Mentre prima vincevamo con uno sforzo “da club di ginnastica di provincia” o poco più, oggi ci alleniamo come normali atleti di alto livello. Con ciò intendo che ormai una carriera paralimpica di successo deve includere un’organizzazione di fondo professionale.
Cosa faresti diversamente nella tua carriera sportiva, date le conoscenze di oggi, se potessi tornare indietro?
Probabilmente non farei molto di diverso e magari, come allenatore, farei ricorso anche ad alcune idee della “scuola conservatrice” in materia di sviluppo personale, ovvero motiverei i miei atleti ad essere indipendenti e responsabili. Nessuno tranne me stesso conosce davvero bene me e il mio corpo! Devo ascoltare questo corpo, prestargli attenzione e approcciarmi ad esso con umiltà. La mia testa potrebbe probabilmente chiedere ancora di più al corpo, che però finirebbe per vendicarsi in qualche modo! Nessuno può sentire queste condizioni dall’esterno. Tranne forse la medicina sportiva con test, cardiofrequenzimetri o wattometri...?
Hai un qualche segreto particolare che ci puoi rivelare?
Non credo che siano segreti, ma piuttosto cose che ho imparato nel corso degli anni: costanza, volontà, voglia di mettersi in gioco e un’abbondante porzione di amore per lo sport costituiscono fondamenta vincenti!
Ringraziamo Heinz Frei per le interessanti risposte.
Questo potrebbe interessarti